Nelle indagini sulla morte di una giovane donna e della figlia a Villa Pamphilj a Roma, c’è una testimone che potrebbe aiutare ad identificare l'identità delle vittime. E' un'operatrice del servizio giardini di Roma che a fine maggio aveva notato una tenda dentro la villa ed ha raccontato agli investigatori che ci vivevano le vittime con un uomo dalla "carnagione olivastra".
La tenda è probabilmente quella già posta sotto sequestro dagli inquirenti rinvenuta poco distante dai corpi senza vita, sistemata a ridosso del muro di cinta su via Leone XIII. L'operatrice del servizio giardini aveva intimato agli occupanti di quell'improvvisato accampamento di spostarsi, ricordando loro che è vietato campeggiare all'interno della villa. Il tutto è avvenuto poco più di una settimana prima del ritrovamento dei corpi all'interno della storica villa romana. Oltre a seguire questa traccia, gli investigatori seguono anche la pista della tenda: si tratterebbe di un articolo donato da un'associazione che aiuta chi vive in strada: chi ha preso la tenda ha dovuto mostrare un documento e farsi registrare, ma non è detto che la stessa sia passata di mano in mano prima di diventare il rifugio delle vittime. altra pista seguita per dare un'identità alle vittime è quella dei tatuaggi sul corpo della donna sul cui decesso resta ancora il mistero. Se l'esame del dna ha infatti stabilito la parentela tra la donna e la bambina, l'autopsia non ha stabilito con certezza le cause della morte della madre. E' emerso che non consumava droghe, che gli organi non presentano lesioni né ci sono ferite esterne tali da giustificare il decesso, e non sono stati riscontrati segni di soffocamento. La bambina invece è morta per strangolamento.